Transistor Fotorilevatori ad
effetto di campo in grafene (GFET)
Graphene field-effect transistor (GFET) photodetectors
Una sorprendente
applicazione del grafene è il suo uso nei fotorilevatori. Le capacità del
grafene di catturare a luce è intrinsecamente limitata poiché un singolo
foglio del materiale assorbe solo il ~ 2,3% della luce attraverso la parte
visibile dello spettro. Una trasparenza così elevata è desiderata per
applicazioni come conduttori trasparenti, tuttavia il rilevamento della
luce, in qualità di sensore, richiede un assorbimento non trascurabile.
Tuttavia, l'assorbimento del grafene, indipendente dalla frequenza della radiazione, accoppiato con una mobilità elettronica estremamente elevata, ha suscitato l'interesse dei ricercatori specialisti in ottica, i quali hanno scoperto che l'interfaccia del grafene con materiali fortemente assorbenti la luce, può portare a eccellenti fotorilevatori che superano le capacità di dispositivi realizzati con materiali concorrenti.
I primi tentativi di migliorare la “fotorisposta” del grafene sono stati compiuti nella direzione dell'integrazione in nanocavità, microcavità e risonatori plasmonici, ovvero dispositivi nanotecnologici che aumentano localmente l'intensità della luce, in modo che si ottenga una risposta maggiore a parità del sensore.
Questo approccio produce un'alta sensibilità, tuttavia limita la larghezza di banda utilizzabile, annullando la natura della banda larga del grafene.
Una risposta spettralmente più ampia è stata ottenuta dai “hybrid graphene-quantum dot detectors”, purtroppo con conseguente riduzione della velocità del dispositivo.
Infine, è stato raggiunto un equilibrio ponendo il grafene su guide d'onda fotoniche, aumentando la reattività a 0,1 A/W con funzionamento a 20 GHz. Lo stesso principio di funzionamento è stato integrato nella produzione su scala wafer e portato a 75 GHz.
Una direzione di ricerca particolarmente interessante è l'uso di “hybrid graphene-quantum dot photodetectors” come sensori di immagine a banda larga per telecamere CMOS. Questi dispositivi “fab compatible” hanno una risposta molto elevata, nell'ordine di 107 A/W e funzionano sia nell’area infrarossi visibili sia nell’area 300-2000 nm dello spettro.
I tempi di risposta
sono abbastanza veloci (0,1-1 ms) per l'uso nelle telecamere a infrarossi.
L’aspetto forse più interessante di questo dispositivo è che si tratta di un
circuito integrato CMOS, simile a quelli utilizzati per i sensori di
immagine commerciali nelle fotocamere digitali, comunemente usati negli
smartphone. Sfruttando così la piena capacità a banda larga del grafene,
tali chip consentiranno applicazioni nell’ambito della sicurezza e
protezione, visione notturna, telecamere per smartphone, sistemi di sensori
automobilistici, in applicazioni aerospaziali, ispezione alimentare e
farmaceutica e monitoraggio ambientale oltre alle capacità offerte dai chip
a semiconduttore all'avanguardia.
Illustrazione della generazione fotovoltaica in seguito all'assorbimento della luce nel grafene (immagine copyright 2015 Achim Woessner)
Altri approcci impiegano risonanze plasmoniche per migliorare localmente l'intensità del grafene. I plasmoni sono onde luminose accoppiate a oscillazioni di elettroni sulla superficie di un metallo. Poiché i plasmoni sono limitati a una superficie e poiché si propagano a frazioni della velocità della luce , sono considerati da molti buoni candidati per l'elaborazione di informazioni ottiche su chip.
La foto-risposta intensificata dall’effetto plasmonico nel grafene può avere applicazioni in dispositivi optoelettronici su scala nanometrica, dove si desidera un controllo preciso del comportamento della luce su dimensioni inferiori a mezza lunghezza d'onda.
Oltre al rilevamento della luce, il grafene può essere utilizzato anche nei dispositivi a emissione di luce. Un uso archetipo del grafene in tali dispositivi è quale elettrodo trasparente. Le applicazioni di conduttori trasparenti sono certamente un'applicazione interessantissima per il grafene, a causa della sua elevata trasparenza e della estremamente ampia mobilità elettronica.
Ad esempio, il grafene è stato usato come elettrodo nei diodi organici a emissione di luce (OLED) che compongono molti degli schermi e dei monitor di oggi. Un altro uso, ancora una volta reso possibile dalle insolite proprietà elettroniche del grafene, è il controllo elettrico dell'emissione di luce dalle molecole, con potenziali applicazioni nell'optoelettronica.
Il fotorilevamento è uno dei molti usi interessanti del grafene. Alcuni tipi di fotorilevatori a base di grafene, ad esempio quelli che utilizzano “quantum dots or surface plasmons”, possono utilizzare transistor a effetto di campo di grafene (GFET). I ricercatori che lavorano in questo campo possono ora beneficiare dei GFET già pronti disponibili da Graphenea, riducendo le difficoltà e le barriere di accesso a tali tecnologie e accelerando lo sviluppo dei dispositivi.
Testo tradotto da https://www.graphenea.com/blogs/graphene-news/graphene-field-effect-transistor-gfet-photodetectors